Ecuador

Del perché l'Ecuador mi ha cambiata e del perché ritorno a scrivere

4:26 PM

Dopo non so quanti mesi, torno a scrivere



Torno a scrivere qui, nel mio porto sicuro, in un freddo pomeriggio invernale, mentre il sole tramonta lentamente aldilà della mia finestra. Torno a scrivere come se fosse un bisogno incontrollabile, come quella necessità di fare ordine, di rimettere insieme i pezzi. 
Forse questa esigenza è dettata da quella convenzione (per certi aspetti così utile!) dell'inizio dell'anno, dai buoni propositi, dall'esigenza di lasciare il vecchio per scoprire il nuovo, e per qualche ragione io decido di ripartire da qui. 


Decido così, di condividere con voi questi pensieri un po' sparsi e un po' intrecciati perché  viaggiare può portare anche a questo, ad assaporare un viaggio anche dopo parecchi mesi dal ritorno, e non c'è niente di più bello. Ritrovarsi a voler rivivere stralci di quella realtà  che ormai è parte di me quotidianamente, di quella realtà silenziosa, della quale ho parlato a pochi e non so neanche io il perché.

Sono tornata dall'Ecuador in una serata d'estate, stanchissima dopo un viaggio di 3 giorni e 6 aerei. Per certi aspetti mi sembra come se il mondo si sia fermato lì, in quella sera all'aeroporto di Bari, quando (tanto per cambiare solo con il bagaglio a mano), solcavo quella vetrata degli arrivi alla ricerca dei volti dei miei genitori che impazienti mi aspettavano emozionati. Se ci ripenso, mi sembra come se ci fosse ancora una parte di me che attende quel ritorno, quell'aereo non ancora atterrato, in quella sera d'estate. Mi sembra ancora di essere lì, ad osservare le luci della mia città dall'alto mentre mi dico: "Forse sì, un po' mi sei mancata" - Mi sembra come se paradossalmente quel momento non sia ancora avvenuto, quel momento in cui racconto tutto dall'inizio, magari fissando l'orizzonte del mare e perdendomi insieme non neanche a chi, ripensando a quel viaggio. Forse proprio per questo è stato un ritorno traumatico, non mi sono ritagliata un tempo per quel racconto, quasi come fosse un appuntamento al quale sono in ritardo, anche se questa è un'altra storia.


Un viaggio così, non può non cambiarti, non può non darti una scossa, ricomporre i pezzi o disordinarli ancora di più, e necessita di un tempo per essere metabolizzato che forse mai come questa volta è stato così lungo.

Ritrovarsi in una realtà che non potevi immaginare neanche nei tuoi sogni più articolati, fare i conti con le tue paure, con i tuoi limiti che sembravano invalicabili, con tutto ciò che pensavi insormontabile perché era parte di te, e invece era solo superfluo, e come spesso accade assolutamente non essenziale.

Emozioni


Ho provato emozioni che pensavo non potessero esistere, ho aperto il cuore ascoltando racconti che non erano storie di fantasia, ma stralci di vita vissuta lì davanti a me. Ho sentito la grandezza che può avere il sentimento dell'amore quando meno te lo aspetti. Ho trattenuto le lacrime quando ho sentito la storia di due bambine che vivevano da sole con una mamma malata, mentre si prendevano cura del cuginetto di pochi mesi che con loro divideva una baracca poco più grande di un'ascensore. Ho trattenuto quelle lacrime trasformandole in un sorriso rassicurante mentre quella bambina mi raccontava di quanto fosse felice di prendersi cura del suo cuginetto, perché si sentiva già una piccola mamma preparandogli da mangiare. Dentro di me sentivo il cuore stringersi, mi chiedevo come fosse possibile tutto ciò in un'era in cui dall'altra parte del mondo hanno inventato l'asta per fare i selfie. Mi chiedevo perché io stessa fino a qualche giorno prima ero arrabbiata in un centro commerciale perché non trovassi la camicia perfetta per il giorno della mia laurea. Eppure erano lì, davanti a me, dei piccoli attimi di felicità, e tra pentole sporche, galline che pascolavano attorno e una baracca senza porte, e mi sentii un'autentica stupida.


Amore
Ho ritrovato il senso di questa parola nella maniera più inaspettata, quasi come fosse la rivelazione più straordinaria di sempre: il lasciarsi voler bene. Ricordo come fosse ieri quel pomeriggio torrido, mentre il sole mi batteva sulla fronte e la polvere mi impregnava i sandali, quel pomeriggio lento, quando entrai in una casa solcando l'ingresso attraverso una porta fatta di assi. Anche quel pomeriggio era dedicato alle visite domiciliari, andavamo di casa in casa ad assicurarci che le famiglie con bambini affetti da disabilità intellettive e fisiche seguissero il programma prestabilito. Erano case poverissime, famiglie semplici, delle quali poche volte ho visto i papà, e dove le mamme erano sempre più piccole di me. 
Case senza pavimenti come li conosciamo noi, in cui si camminava nella polvere, e dove la maggior parte delle volte c'era solo una grande stanza nella quale in un angolo c'era un ripiano per cucinare e dei muri sottili di mattoni separavano i letti. Ricordo che la mia responsabile si occupò subito del bambino affetto da disabilità, e trattandosi di un caso grave, parlarono a lungo della terapia e delle procedure. Ascoltavo silenziosa, ma d'un tratto sbucarono all'improvviso 3 bambine che piano piano si avvicinarono a me incuriosite. Mi osservavano e io timidamente sorridevo a tutte, che subito dopo, quasi come fosse la cosa più naturale del mondo, mi portarono nel loro angolo dei giochi, e d'un tratto mi ritrovai anche io a parlare con la loro bambola!


L'arte di cambiare idea e non rendersene conto

Un segno indelebile che mi ha lasciato l'Ecuador, riguarda proprio questa bizzarra affermazione. Caratterialmente, sono sempre stata convinta delle mie idee, e ahimè difficilmente ho cambiato opinione su qualcosa dopo la prima impressione. 

Ma c'è sempre un momento nella vita in cui questa sensazione in qualche modo svanisce, e come spesso accade, ti ritrovi a cambiare idea sempre nel momento più inaspettato. Ricordo perfettamente il momento in cui arrivai ad Esmeraldas, la prima città che mi avrebbe ospitato. Scrutavo dal finestrino le strade non asfaltate e polverose, gli edifici che sembravano così instabili, la foresta equatoriale sullo sfondo, e già nella mia mente posizionavo questo posto tra i più improbabili che avessi mai visto, non sapendo e non immaginando per niente, cosa avrei visto nei giorni successivi. E così accadde, cambiai opinione, quasi come fosse la cosa più naturale del mondo.
La bellezza della semplicità e del silenzio

Spesso mentre ero in Ecuador, ho trascorso momenti in completa solitudine. Per un paio di giorni rimanemmo senza luce né acqua, e la scuola nella quale dovevo svolgere delle attività rimase chiusa. La responsabile che divideva con me l'appartamento era fuori città, e avevo poco lavoro da svolgere. Ricordo che dall'ufficio ritornavo a casa, aprivo quella porta con la mia chiave, e spalancavo la porticina che portava al balcone. Davanti a me, un albero di cacao gigantesco, e sullo sfondo, delle colline verdi verso le quali mi incantavo ogni volta. Apparecchiavo per uno, mettevo una tovaglia a quadretti blu e pesavo la quinoa che avevo imparato ad adorare. Tagliavo un avocado e non resistevo a non mangiarne un pezzo prima di sedermi a tavola, e mentre aspettavo che fosse pronto, leggevo, ascoltavo il cinguettio dei colibrì fuori dalla finestra e non pensavo a niente. Più che altro mi sentivo grata, immaginando quanto fosse straordinario avere la sensazione che tutto quel silenzio fosse lì ad aspettarmi da sempre...


Sicuramente ve ne parlerò ancora, dandovi consigli su come affrontare un viaggio del genere, con lo zaino in spalla e con il cuore pronto a tutto! 

Buon anno e che sia un anno ricco di viaggi e emozioni!


Barbara

PS: per maggiori informazioni sul mio viaggio in Ecuador potete cliccare qui

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