Santiago de Compostela: Racconto di un viaggio che ti cambia per sempre

12:59 PM

Hi everybody! 
Come ben sapete le fotografie sono spesso il fulcro del mio blog. Ma questa volta ho deciso di parlarvi internamente di un viaggio senza allegare fotografie, o meglio potete vedere le foto cliccando qui, ma vi consiglio di vederle separatamente da questo post interamente...letterario! Pronti, partenza, via!

Se viaggiare con lo zaino sulle spalle rappresenta di per sè un’esperienza ricca di riflessione e essenzialità, affrontare un pellegrinaggio lungo un cammino antico nei secoli, è un’esperienza che  segna per sempre.
Il Cammino di Santiago di Compostela, attraversa la Francia e la Spagna e deve il suo nome “Compostela” a Campus Stellae, campo della stella, proprio proprio poiché si narra che un eremita Pelagio, preavvertito da un angelo, vide delle strane luci simili a stelle lungo il cammino, dove poi si scoprì una tomba, probabilmente di epoca romana, che conteneva tre corpi, uno dei tre possedeva una scritta:"Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé"». Ad oggi infatti nella cattedrale si Santiago si riconosce proprio il corpo del Santo.  
Ma oltre che un viaggio “a piedi”, affrontare quelle strade e quei percorsi, rappresenta soprattutto un cammino all’interno del sè, alla riscoperta dell’io attraverso le difficoltà. . Insidie  e momenti gioiosi,  ferite e pianti di felicità, montagne da scalare e prati assolati, si alterneranno proprio come lo scorrere della vita. Città, paesini e prati, ognuno con una storia diversa da raccontare, ognuno con un segno da lasciare nel cuore di pellegrino. Molti si mettono in cammino alla ricerca di risposte, ma ritornano ahimè ancora più ricchi di domande. Raccontare al ritorno le avventure del cammino diventa una riscoperta ancora più profonda di quei giorni, ancora più surreale…


“Partii così, un po’ per caso un po’ per voglia, lungo quello che sarebbe stato il viaggio che mi avrebbe cambiata più profondamente. All’inizio, il treno per Roma, le coincidenze aree, sembrava un viaggio come tanti, fino a quando ci ritrovammo alla stazione di St Jean Pied De Port, appena scesi da un treno lento e rumoroso. Eravamo lì, noi, le nostre tende, i nostri zaini e  il nostri risotti insaccati. Eravamo lì, alle porte della Spagna, al di qua dei Pirenei. Momenti di riflessione, talvolta preghiere, erano stati  propiziatori per quel viaggio, che a quanto pare stava iniziando.  Gli scarponi erano ancora puliti, le magliette nello zaino ancora piegate e ordinate, il sudore che presto avrebbe attraversato le nostre fronti, ancora all’interno delle nostre bottigliette d’acqua. Partimmo. Un passo dopo l’altro avanzavamo seguendo “la Conchiglia del Pellegrino”, e tra una chiacchera e una risata , giungemmo ai piedi della montagna, ignavi della salita che ci avrebbe atteso.
Tutt’un tratto le voci si fecero più silenziose, i respiri più affannati, iniziavamo a concentrarci sulla strada, guardando in terra. L’acqua iniziava a scarseggiare, e il pensiero fisso era solo uno:  non farcela. Presto il cielo azzurro fece spazio a dei nuvoloni grigi  che velocemente iniziarono a scendere, fino a rendere la visibilità limitata a meno di qualche metro.
Paradiso? Inferno? Eravamo totalmente immersi nel nulla, sopra sotto a destra, sinistra, nulla. Solo nuvole, e noi ben impacchettati nei nostri k-way ci guardavamo buffi, sempre continuando a camminare.
Attraversammo così il cielo, giungendo inaspettatamente al confine, una fontana segnava il nostro cammino: Santiago756 km, sembrava quasi surreale eppure ce l’avremmo fatta.
Dopo un pranzo veloce,  alcuni più ricaricati, altri più assonnati, ripartimmo, questa volta scendendo, verso la Penisola Iberica. Dopo un’aspra discesa, giungemmo a Roncisvalle, un territorio tranquillo e silenzioso, nel quale riposarsi e rifocillarsi dopo il lungo cammino. “Buen Camino” dicevano alcuni pellegrini di passaggio, che ci sorpassavano già pronti per la tappa successiva,  noi stanchi e ancora increduli della nostra impresa, sollevavamo il braccio in segno di saluto, e loro con un sorriso di comprensione continuavano il loro cammino.

Dopo la prima tappa si susseguirono la tranquilla Larrasoana, per poi giungere  Pamplona, una città ricca di storia e turismo, nella quale ci sentivamo pesci fuor d’acqua. Dopo Pamplona giungemmo a  Logroño, per poi giungere finalmente a Burgos. Infatti la tappa successiva, Burgos-Leon, la affrontammo in autobus dato che i nostri giorni a disposizione per il cammino erano solo 14. Il pulman ci aveva rigenerato, dormimmo quasi per tutto il tempo, ma non sapevamo ancora ciò che ci aspettava. Scesi a Leon, ci incamminammo verso le successive tappe: Ponferrada e Villafranca, mete suggestive quanto turistiche, ognuna però con un angolo di strada grazie al quale riflettere e meditare. Il ritmo dei passi si faceva sempre più definito e costante , e tra montagne, colline, ruscelli, lontre, e fiori coloratissimi, tracciavamo la strada, battendo su quello stesso sentiero tanto antico quanto moderno. Attraversavamo quello stesso sentiero nel quale molti avevano riflettuto, avevano cambiato la loro vita, gente “normale” che aveva abbandonato la quotidianità per rimanere da soli a pensare.  Gente che è cambiata, che è stata il cambiamento, gente che dopo il cammino ha realmente iniziato a “vivere”.

 Momenti di allegria, momenti di riflessione, c’era tempo per tutto, tranne che per fermarsi. Pellegrini di ogni genere, di ogni età, provenienti da tutto il mondo affrontavano con noi il cammino, ci capivamo in un linguaggio che era ormai universale, tutti verso una stessa meta, tutti verso la cattedrale. Dopo una lunga e calda giornata di cammino, giungemmo a O’Cebrerio, un piccolo paese di montagna a 1300 metri, fermo quasi nel tempo, con un’atmosfera e un paesaggio degno di libro di storia medioevale.

Incontrammo per caso un prete Don Jose, e dopo la messa in spagnolo che inspegabilmente capimmo benissimo, ci accompagnò per tutto il pomeriggio e la serata, raccontandoci i misteri del cammino, e insegnandoci una canzone che ancora oggi provoca in tutti noi grande commozione e suggestione: “O’ Cebreiro, O’ Cebreiro de mi corazon es Camino de Santiago!”. Ci addormentammo su queste note, pronti per nuovi giorni di cammino. Giunse presto l’alba e dopo aver reimpacchettato zaini e tende ripartimmo, ancora più grintosi e svelti, dopo aver visto che mancavano solo… 150 chilometri... i nostri scarponi ce l’avrebbero fatta?”
“Ben presto giunsero i 3 giorni prima dell’arrivo, ormai eravamo tutti  pellegrini esperti, sapevamo chiudere il sacco a pelo in 3 minuti e rimanere digiuni e silenti per ore. Avevamo imparato che meno si parla durante la strada più si risparmia energia, e più si riflette.
Portavamo O’Cebreiro nel cuore, e Don Josè camminava insieme a noi, nei nostri pensieri. Giungemmo presto a Triacastela, attraversammo un percorso totalmente immersi nella natura, dopo città, paesini e rifugi, eravamo totalmente soli, immersi in quel verde, affiancando quegli alberi che avevano visto tanti pellegrini. Il nostro passo ormai era più veloce, i nostri pensieri camminavano con i nostri scarponi, ma soprattutto il nostro zaino era divenuto più leggero, i vizi, le nostre paure e le nostre ansie, avevano fatto spazio a sicurezza, voglia di andare avanti, e più ci avvicinavamo alla meta, e più riuscivamo a comprendere l’essenzialità della vita. Tutt’intorno boschi e foreste, che sembravano riportarci all’origine, l’amore per la natura, per le cose semplici.
 Giugemmo presto a Barbadelo e la nostra gioia fu immensa: Santiago 100km. Ce l’avevamo quasi fatta! Portomarin, Melide, Pedruzo, si susseguirono velocemente e  ben presto attraversammo anche l’ultimo ostacolo una salita davvero ardua, ma una volta in cima, lo spettacolo era mozzafiato: nuvole. Quelle stesse nuvole che ci avevano accompagnato all’inzio del cammino erano lì, davanti ai nostri occhi, ma questa volta erano sotto di noi. Avevamo superato l’ostacolo e anche se il cammino per superarlo era stato lungo e faticoso, dall’alto il panorama era mozzafiato. La vita, le difficoltà, si potevano superare.
Lungo gli ultimi chilometri passammo accanto al monumento lasciato da Giovanni Paolo II, in memoria della sua visita a Santiago, un uomo e la sua forza d’animo avevano lasciato il segno, e in noi quel grande monumento era motivo di coraggio e determinazione. Ma tutt’un tratto eccoci lì, la vedevamo quasi da lontano, la meta si avvicinava. A poco a poco , divenimmo un unico popolo con tutti gli altri pellegrini che come noi si avvicinavano alla meta. Il ritmo dei passi diveniva sempre più costante, il nostro cuore traboccava di gioia, il passo diventava più veloce, più veloce! 10 chilometri, eravamo praticamente arrivati, 5 chilometri, non riuscivamo a crederci! Presto la nostra gioia divenne commozione, avevamo appena superato l’entrata della città, e dopo aver attraversato la parte più moderna, eccola lì, quasi un miraggio nei nostri occhi: La Cattedrale. Iniziammo tutti a saltare e a ridere, ce l’avevamo fatta! I turisti della città ci guardavano increduli e forse non capivano la nostra gioia, o forse sì. Posammo i nostri zaini sulla scalinata adiacente, e presto molti di noi di appisolarono. L’atmosfera divenne ancora più magica quando iniziammo a sentire un complesso di strada intonare l’Ave Maria di Schubert.
Dopo la gioia comunitaria mi fermai fissando le cime di quella cattedrale così antica e così suggestiva. Piansi. Gioia, felicità, tristezza, dolore, tutto si fuse in quel pianto liberatorio, tutto davanti a quella cattedrale dove tanti pellegrini avevano pianto. Non dimenticherò mai quel momento, è scolpito nel mio cuore e lo porterò sempre con me. 

Questo è stato il mio cammino di Santiago, o meglio le tappe principali che hanno segnato il mio cammino. Sicuramente un giorno ci ritornerò, e mi ricorderò di quei ragazzi che con me hanno affrontato quelle strade. Ogni tappa nasconde ancora dei segreti che aspettano solo di essere scoperti da qualche pellegrino non molto stanco che durante il cammino trovi la forza di fotografarli.
Il cammino è qualcosa che ti cambia per sempre, che ti fa apprezzare ogni singolo giorno, e tutte le comodità e le scontatezze della vita.
A volte in piena notte, mi ritrovo tra quelle strade, sentendo solo il ritmo degli scarponi sulle pietre e da lontano mi sembra di sentire una canzone che proviene dal profondo del bosco: “o’cebreiro, o’cebreiro o’ cebrerioro de mi corazon….”

Barbara Rotella

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